Lezione 15 – La preposizione A

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(Segue… dalla puntata precedente!)

1583 – Nasce l’Accademia della Crusca. Un gruppo di letterati toscani si riunisce in Accademia linguistica e fissa le regole della lingua fiorentina (futura lingua italiana). Gli autori napoletani accolgono quelle regole, risolvendo così alcuni dei nostri problemi ortografici. Ma ne restano ancora altri non risolti, problemi fonetici che – non essendo presenti nel toscano – non erano stati esaminati.

1600 – Grazie a famosi poeti e novellisti del calibro di Giambattista Basile e Giulio Cesare Cortese il napoletano continua la sua ascesa creando terreno fertile per la nascita della commedia dialettale e dell’opera buffa (con cui il napoletano consacra la sua presenza nelle corti di tutta Europa).

1728 – Francesco Oliva, noto librettista di opere buffe, scrive una Grammatica della lingua napoletana. Il primo tentativo di codificare la scrittura della nostra lingua.

1779 – L’abate Ferdinando Galiani, nel suo trattato Del dialetto napoletano del 1779, ritiene che Dante si fosse sbagliato e che il volgare che aveva definito “pugliese” in realtà era il napoletano: Si disse poesia ‘siciliana’ non perché nata in Sicilia ma perché nata alla corte di Federico II, Re di Sicilia, poeta anch’egli ed amante di poeti e trovatori. E si disse ‘pugliese’ non perché fosse nata in Puglia ma perché, prima della dominazione angioina, la Puglia era lo Stato più importante dell’Italia meridionale.

1861 – A seguito dell’Unità d’Italia diventa obbligatorio – diventa legge – l’insegnamento della lingua toscana/italiana in ogni scuola della Penisola. La lingua napoletana (così come ogni altra lingua dello Stivale) passa in secondo piano. Inizia così un vero e proprio eccidio dei dialetti e delle lingue minoritarie: chi ha difficoltà a scrivere, a leggere e ad esprimersi in italiano… riceve il poco nobile appellativo di “cafone”. “Moda” perpetrata per tutto il XX secolo.

(Il seguito… alla prossima puntata!)